Molti riconducono le radici del coaching all’arte della maieutica socratica, l’arte attraverso cui il famoso filosofo greco Socrate accompagnava le persone a raggiungere una maggior consapevolezza di sé e delle proprie risorse personali (“conosci te stesso”). E se questa è un’indicazione molto utile per comprendere cosa sia il coaching, può essere altrettanto utile fare riferimento anche all’etimologia della parola stessa.
Infatti, forse non tutti sanno che il termine “coach” deriva dal villaggio ungherese di Kocs che, nel XV secolo, era noto per la produzione di carrozze di qualità. Con il tempo il termine si diffuse in tutta Europa passando al tedesco come kutsche, al francese e allo spagnolo come coche, all’italiano come cocchio e all’inglese come coach ed essendo utilizzato come per indicare la carrozza e la sua funzione di trasporto. Nel XIX secolo viene usato in Inghilterra per indicare i tutor universitari che hanno il compito di “traghettare” gli allievi alla conclusione degli studi con successo. Da qui l’utilizzo del termine coach anche per indicare la figura dell’allenatore, ovvero di colui che motiva, allena e sollecita al raggiungimento di obiettivi.
Saputo tutto ciò, forse adesso è più facile comprendere come, nel coaching, gli obiettivi da raggiungere siano e rimangano sempre patrimonio di colui che viene seguito dal coach (ovvero il coachee). Se, in senso lato, il coach è la carrozza che permettere ai cocchieri (coachees) di raggiungere la meta desiderata, allora è coerente pensare che sia il coachee a decidere dove andare, mentre il coach lo aiuta a percorrere la strada e ad arrivare a destinazione.
Si dice, quindi, che il coach è impegnato con l’impegno del coachee: può mai, infatti, una carrozza scegliere dove andare o decidere di muoversi se non è il cocchiere a deciderlo per primo?